GL EFFETTI NEGATIVI DELL`ELIMINAZIONE AL MONDIALE


Eppure, il campionato del mondo di calcio continua, così come il pallone, le partite da disputare e la vita che continua il suo naturale giro delle cose. C'è chi piange e c'è chi spera in un sogno. E' tutto normale, legittimo, non fa una piega. In questi giorni di delusioni e
tristezze del pallone italiano, presi come siamo dalla malinconia di non vedere
più la nostra nazionale al campionato del mondo, ci siamo persino dimenticati
di seguire il calciomercato e i sogni fatti sotto l’ombrellone che sono tipici
della stagione estiva, sembrano quasi non sfiorarci. La Juve che insegue Morata
e Iturbe, il Torino che vorrebbe Sau
e si propone per acquistare Quagliarella,
il Milan che s’interessa a Dzemaili mentre non sa ancora se Kakà vuole ritornare in Brasile e non
sa neppure se vendere Balotelli, la Roma che è alle prese con il nodo Benatia, il Cagliari del nuovo presidente Giulini
che ripesca in panchina Zeman per
cominciare un nuovo corso, e poi tante altre trattative che non abbiamo più
voglia di approfondire.. Un mondo che abbiamo perso di vista, almeno per il
momento, per la forte delusione del fallimento azzurro in Brasile. Forse,
questo accresce la nostra improvvisa non voglia di pallone, una sorta di
rigetto diventato un misto d’amarezza che s’interseca all’abbondanza della
visione di calcio. Si chiama distacco, si chiama indifferenza. Già, la stessa
indifferenza degli sportivi italiani che nemmeno hanno voluto contestare gli
azzurri al loro arrivo all’aeroporto di Milano e di Roma. Un’indifferenza che è
eloquente più di mille parole e che ferisce ancor più di un’aspra
contestazione. In fondo è una manifestazione civile, una forma disarmante che
entra ancor più nell’anima degli atleti che, nonostante i lauti contratti e la
ricchezza economica, restano pur sempre degli uomini. Il focus mediatico è
sempre Balotelli, nel bene e nel
male di ogni discorso, di ogni fatto positivo o negativo. C’è una spaccatura
forse insanabile nel gruppo della nazionale, tra lui e la vecchia guardia
formata da Buffon, Pirlo, De Rossi, Barzagli. E
c’è pure chi si schiera da una parte e dall’altra, in un continuo andirivieni
di colpe che non fanno il bene di nessuno. Prandelli
ha certamente sbagliato a creare la squadra attorno a Mario Balotelli, (questo l’abbiamo già detto), perché lui, semmai,
doveva essere uno dei tanti e non il cardine di ogni situazione. Lui non è Messi e neanche Neymar, lui non è il campione che farà mai la differenza. Sì,
perché a questo ragazzo dalle indubbie qualità tecniche, manca e mancherà la
testa, l’equilibrio comportamentale, la prestazione che non sarà mai supportata
dalla continuità, ma che sarà sempre soggetta all’ansia da prestazione. Forse Prandelli si è sentito tradito, perché
aveva creduto in Balo soprattutto
dal punto di visto umano, ed era convinto nella sua completa maturazione di
uomo e atleta. Così non è stato, perché attorno a lui si è creato un polverone
tale da far saltare i sacri equilibri da spogliatoio. Certo che quella
maledetta partita del 24 giugno 2014, giocata a Natal alle ore 13, 00 in
Brasile (ore 18,00 in Italia) sarà ricordata per sempre, nel bene e nel male
del suo significato. Nel bene, perché ha tirato fuori verità a lungo sommerse,
e nel male per una eliminazione che per lungo tempo brucerà ancora.
Salvino
Cavallaro